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editoriale luglio

Clima, il punto di non ritorno è oramai nello specchietto retrovisore


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un record di cui avremmo volentieri fatto a meno. Le immagini delle distese di sabbia, quasi fossimo nel deserto, che appaiono a chi guarda l'alveo del Po fanno impressione. E' la peggior crisi degli ultimi settant'anni, parole testuali dell'Autorità distrettuale che si occupa di monitorare la portata del maggiore fiume d'Italia. E purtroppo non sarà l'ultima, aggiungiamo noi. Al contrario, dovremo abituarci a desolanti immagini come questa, al razionamento conseguente dell'acqua potabile, alla perdita di biodiversità degli ecosistemi e a quella economica di intere filiere produttive. Così come agli eventi opposti, quelle delle piogge intense e maligne che portano via vite, suolo, edifici.

Si chiamano cambiamenti climatici e a guardarli da vicino, anche ma non solo nella nostra Pianura Padana fanno di certo più paura che a immaginarli come ci hanno suggerito per anni gli scienziati di ogni parte del mondo, chiedendo di corre ai ripari. “Il punto di non ritorno lo abbiamo già superato, è nello specchietto retrovisore ormai. Nell'ultimo rapporto Ipcc, il Gruppo Intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, gran parte dei cambiamenti climatici e ambientali sono definiti come irreversibili. Bisogna capire come ridurre i danni prodotti, agire sulle cause per evitare conseguenze più gravi. Le soluzioni ci sono, ora serve la volontà di adottarle”. 

Sono le parole che Mario Tozzi ha affidato a Enrico Cinotti per il libro “La sostenibilità sostenibile” che abbiamo appena dato alle stampe (lo trovate nel nostro negozio digitale e arriverà assieme a questo numero agli abbonati esperti di Salvagente). E invece stiamo ancora discutendo (lo fanno, molto agguerriti e altrettanto miopi, molti dei politici italiani) sul bando al 2035 per le auto a combustione in favore dell'elettrico. Non solo. Mentre ogni discorso del nostro premier Draghi inizia con un rassicurante inno alla transizione ecologica e alle rinnovabili, il governo tira fuori deroghe che consentono ai cementifici di trasformarsi in inceneritori per produrre eletricità, inquinando senza controlli. E l'inchiesta di Letizia Magnani che trovate tra qualche pagina dimostra come le lezioni dei fanghi tossici siano davvero servite a poco. Oltre le parole, che a questo punto della storia del Pianeta servono davvero a poco, occorrono i fatti. Quelli che, con la scusa della guerra Ucraina stanno caratterizzando la politica europea sembrano seguire ancora una volta la politica dello struzzo. E nella gara a chi scava il buco più profondo dove nascondersi l'Italia, la sua classe dirigente e – non a caso – il suo ministero della Finzione ecologica non è secondo a nessuno.
Verrebbe facile osservare che di sabbia dove nascondere la testa ce ne sarà sempre di più, e non solo nell'alveo del Po. Al di là delle promesse, i fatti- sempre quelli che ci ossessionano per giudicare l'operato di chi governa, come è giusto che sia – indicano la corsa a stoccare gas proveniente da mezzo mondo, qualche tentazione di passaggio al nucleare e molta nostalgia per il carbone. Sole e vento rimangono un miraggio da evocare continuamente per una ipotetica sovranità energetica, ma senza renderne più facile (e dunque anche più economico) l'approdo. Basti ricordare che in Italia non riescono a decollare le comunità energetiche (quelle che potrebbero mettere in comune la produzione di energia sostenibile) perché mancano i decreti attuativi. Attenzione però a continuare a nascondersi sotto la sabbia: alla siccità segue sempre la pioggia intensa e il rischio di finire con la testa sott'acqua è dietro l'angolo.
 
Articolo di Riccardo Quintili, editorialista rivista "il Salvagente".
 
 
Pagina a cura di Laura Pesce